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Respiro Avido

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In questo periodo c’è una domanda che mi frulla in testa piuttosto spesso e alla quale non riesco a dare una risposta convincente.

“Che senso ha?”

Non qualcosa in particolare, tutto quanto.

Mi riesce difficile trovare qualcosa che non sia fine a sé stessa, e più rifletto più mi sembra vero che un senso non c’è.

Non sono mai stata una fan di Vasco Rossi, però la citazione esce scontata “Voglio trovare un senso a questa vita, ma questa vita un senso non ce l’ha”.

Mi disturba un po’ questa cosa: se non c’è un senso, un fine ultimo, un “cosa resterà” tutte le prospettive si confondono, i valori si ingarbugliano e i loro contorni perdono nitidezza.

Penso che avere un figlio dia un senso alla vita dei genitori. Anche innamorarsi forse. Comunque, è sempre questione di votarsi a qualcun altro in maniera più o meno totale. Qualcuno per cui ne valga la pena però, altrimenti tanti saluti al senso.

Però, io non ho voglia di fare un figlio, e per quanto riguarda l’innamorarsi, sarei ben disposta a farlo, ma è una cosa che deve capitare per caso, non voglio cercare disperatamente l’anima gemella, un po’ perché onestamente non ne sono capace e nemmeno mi ispira troppo l’idea, un po’ perché non credo che sia così che deve andare. Sarò legata a ideali disneyani, ma l’amore deve arrivare come un fulmine a ciel sereno…quindi chi lo sa se per me arriverà ora, tra dieci anni o mai.

Se non c’è un senso superiore, allora tutto quello che resta è il momento, l’attimo.

Che sia questo il significato dell’arcinoto “Carpe Diem”? Se non c’è un fine in nulla, se non si ha una persona a cui votarsi, forse la cosa più sensata da fare è darsi all’edonismo con quieta accettazione…

Non sto parlando di vortici autodistruttivi in pieno stile bohemienne quanto del fare quello che si desidera unicamente perché si desidera fare così sul momento senza troppe seghe mentali. Vivere davvero l’istante, perché è tutto quello che esiste di sicuro.

Anche quando si balla funziona un po’ così secondo me. La coreografia quando finisce non lascia nulla di sé, per questo il ballerino che emoziona è quello che, come si dice, “sente il movimento fino in fondo”. Se lo gode, non si limita ad eseguire una posizione: non sto parlando di interpretazione e caratterizzazione del personaggio, quanto proprio di trovare fisicamente gradevole quello che si sta facendo…era così anche nella musica per me: suonavo bene quando riuscivo a godermi quello che facevo, gustarmi ogni nota, ogni tocco, ogni tasto.

Si potrebbe espandere il ragionamento a tutto il resto e cercare di essere il più felici possibile lì per lì, in mancanza di altro.

Non sembra male, ma non sono tanto soddisfatta di questa conclusione…mi fa sentire un po’ come una barchetta in mezzo alla tempesta senza una rotta…per me che sono una persona ansiosa e che ha bisogno di certezze è una prospettiva dannatamente spaventevole. Non so se la certezza che non ci siano certezze riuscirà mai a soddisfarmi.

Vorrei credere davvero al testo di questa canzone dei Folkstone che sto sentendo in continuazione:

“Voglio sentire, voglio vivere più in là, chiedo alla vita troppo, forse la falce risponderà, sulle ali della morte giuro ti raggiungerò, la paura di cercare no, non mi farà annegare in falsità. Respiro avido, ogni battito ora è inarrestabile”

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La magia è un affare molto molto serio. Chi dice che non è reale sbaglia tutto. E’ una faccenda reale e serissima. Più seria che nei giochi di ruolo, dove se non hai il caster sei fottuto.

Tutti sanno che il mago è determinante per la buona riuscita di ogni impresa. Che sia il vecchio con il cappello modello Gandalf o il ragazzo dalle chiome spettinate (mi viene in mente il Sennar delle Cronache del Mondo Emerso, che ho amato anche alla tenera età di 22 anni), la sua presenza e le sue azioni sono spesso quelle che danno la svolta positiva all’avventura. Se non fosse stato per Gandalf che l’ha fatta praticamente da motore immobile (oddio, immobile nemmeno tanto…) l’anello se lo sarebbe tenuto Bilbo e ciao ciao Signore degli Anelli. Non fosse stato per Sennar che ha amato Nihal e l’ha salvata più di una volta da disparate calamità, prime fra tutte i suoi non indifferenti demoni interiori, le Cronache sarebbero state parecchio più povere.

Quindi, dicevamo, tutti sanno che i maghi sono importantissimi, e che la magia, di cui i maghi sono gli unici sacerdoti è cosa seria e risolutiva.

Quello a cui non pensiamo è che anche nel nostro mondo la magia esiste. Solo che i maghi non sono vecchi con cappello e bastone luminescente, e nemmeno ragazzi con cicatrici portatrici di una storia che vale la pena di essere raccontata. Non parlo di magia Wiccan, premesso che su questa sospendo il giudizio (può darsi anche che credendoci davvero funzioni, ma personalmente non ho il dono della fede nemmeno in questo caso). Parlo della magia delle cose di tutti i giorni, della magia che fa il bambino, il folle, vivendo in una dimensione diversa, pur stando in questo mondo così poco fantasy. Parlo della magia dell’attore che vive mille vite diverse su quel palco, credendo e divertendosi con il suo personaggio. Parlo della magia dell’acrobata che piega il suo corpo e trova l’equilibrio perfetto a dieci metri d’altezza in un tendone colorato e pieno di soggetti inquietanti con nasi sproporzionati e scarpe di fattura opinabile.

La magia è una cosa difficile da fare. Ogni volta che ci si accorge che non esiste smette di esistere davvero. Per farla bisogna non sapere di starla facendo. E’ un gioco in cui riescono solo pochi eletti. I bambini, i folli, gli attori, i circensi, i ballerini (chissà?). Saranno loro i superuomini di Nietzsche? Lui dava il compito al funambolo, forse aveva pensato alla stessa cosa…

Parlo di persone senza maturità razionale, pazzi, personaggi che probabilmente vivono ai margini della società. Ma sono eletti, perchè insomma…la magia rende tutto più bello. E chi non se ne accorge, certo, forse vive bene nel suo mondo reale, grigio e monotono, ma ha perso per sempre la possibilità di essere accecato da mille colori e sbattuto a destra e sinistra da emozioni insensate che solo un mago può provare senza averne troppa paura.

Io sto crescendo, anno dopo anno sono come tutti più adulta, più matura, più forte forse. Ma mai smetterò di cercare la magia di una vita che valga la pena di essere vissuta fino all’ultimo sorso, a costo di essere un Peter Pan in bilico tra questo mondo e l’Isola che non c’è.

“If something burns your soul with purpose and desire it’s your moral duty to be reduced in ashes by it. Any other form of existence will be just another dull book in the library of life.”

“Ogni volta che decidi perdi qualcosa. La questione è sempre decidere cos’è che non sei disposto a perdere.”

“Ho sempre avuto un debole per le cose impossibili”

Sono aforismi, citazioni fatte a memoria di autori che non ricordo. E sono il mio mantra quotidiano. Pur trattandosi di fatto di frasi fatte nelle quali si può leggere una cosa e il suo esatto opposto, non riesco a non pensare che sia in qualche modo un segno che il cosmo mi vuole dare facendomele leggere per caso nella sterminata rete. Di tutte le citazioni che potevo trovare per caso, trovare proprio queste deve voler dire qualcosa.

Devo fare il salto allora? E’ una bella scogliera alta quella da cui mi sto affacciando tremebonda…tremebonda ma, come diceva quel grande di Jack Sparrow nell’ultimo Pirati dei Caraibi “Hai presente quella vocina che mentre guardi giù da un posto alto ti consiglia di saltare? “…lui la vocina non la sentiva, io invece sì. Più che una vocina, direi che si tratta di uno strepito insistente e lamentevole. Vocina o non vocina, resta il fatto che non so come sia il fondale,  e, mannagia a lui, c’è una buona probabilità che non sia accogliente, o per lo meno che ci sia un bel medusone pronto ad urticarmi…

Ne avrei proprio bisogno di scegliere, per la prima volta della mia vita, quello che desidero, solo ed unicamente per me stessa, e chi se ne frega di tutto il resto. Non è un caso che io proprio ora mi trovi di nuovo in questa situazione. Se io fossi le Parche mi sputerei in faccia se di nuovo faccio la scelta pavida….

Immagino che la settimana che segue mi sarà chiarificatrice…ho un concerto il 21, e una tendinite alla caviglia. Ciò significa, pianoforte sì, danza….con giudizio, insomma. Ma il fastidio che mi dà sentire male ad ogni passo, sapendo che se fossi furba me ne starei a casa e possibilmente non sforzerei nemmeno per andare fino al frigorifero, mentre invece andrò a fare stretching in palestra lo stesso…vorrà dire qualcosa anche questo…no? Oltre al fatto che come è ormai risaputo sono grulla e tendente al masochismo, naturalmente.

Aiuto.

Tre mondi così vicini, eppure così stramaledettamente diversi e separati. Musica, teatro e danza…e mi sembra che i miei sogni capricciosi si prendano gioco di me: i miei già vacillanti e poco definiti punti fissi si fanno ancor più sfocati… e senza nemmeno un doppio rum.

Vado in Conservatorio dopo mesi che non ci metto piede, e mi viene la pelle d’oca e un groppo in gola. Eppure, credevo di aver archiviato questo sogno. Credevo di aver deciso di innamorarmi di altro. La storia si ripete, e come due anni fa, l’idea di suonare, di toccare il pianoforte, mi fa vibrare fino all’ultima corda di anima. Non so se il pubblico si emozioni sentendomi suonare, ma di certo io mi emoziono. Ad Aprile ho fatto un concerto, ed era parecchio che non ne facevo: alla fine ho fatto fatica a non sciogliermi in lacrime. Lacrime buone, come quelle che scendono dopo aver fatto l’amore.

Vado in scena, e mentre recito con l’odore del palco nel naso e tutta l’energia di quall’angolo di mondo separato addosso e attorno, mi sento in paradiso. Non lo guardo il pubblico, non mi piace. Non ammicco, non ci gioco. Che la gente mi guardi è quasi irrilevante. Non so se qualcuno mi crederà mai quando lo dico, ma per me non conta chi mi guarda. E’ quasi una questione privata. A me piace il palco, le luci, il caldo dei riflettori, l’odore di gomma legno e pece, il poter fare tutto quello che si vuole, purchè funzioni, perché sul palco tutto è concesso…è una sensazione incredibile, spaventosamente bella.

Sento una musica che mi piace e desidero ardentemente danzarci sopra. E’ uno sforzo quasi fisico il non farlo quando le circostanze non lo permettono. Il movimento è la mia primaria espressione, l’unica cosa che manca alla meraviglia del produrre in prima persona la musica che si ama. La danza è splendida…così elegante, pulita. Non è vero che i ballerini sono schiavi di una vuota tecnica che soffoca i sentimenti. Piuttosto, la tecnica, dura e implacabile, è necessaria per poter esprimere ciò che si desidera. E io vorrei avere in corpo il potenziale espressivo dei miei amori circensi, con il mio fisico refrattario mi sento solo un brutto anatroccolo che vorrebe urlare ma non ha voce.

Non voglio fare a meno di nessuna di queste cose.
Sono incostante e capricciosa, e come me i miei sogni e le mie idee: se per un po’ mi disamoro e non frequento dimentico quasi il vecchio amore, quasi morto tra le braccia di uno nuovo. Ma prima o poi torno indietro: evidentemente, come nelle relazioni, svanito l’innamoramento, quello strepitoso delle corse sotto la pioggia mano nella mano, delle risate folli, e delle lacrime dolcissime, resta l’amore, quello vero e rassicurante.
Spero solo che per me sia possibile vivere una relazione a quattro, perchè non saprei come fare a scegliere.

Non riesco a resistere al fascino del Cirque du Soleil. Ieri sera, nel mettermi a guardare “Mondi Lontani”, lo spettacolo-film ultima loro produzione, sapevo che non ne sarei uscita emotivamente incolume. Dire che questo tipo di spettacolo mi catturi è un delicatissimo eufemismo: se oggi mi avessero detto di prendere quattro treni e tre aerei per andare a studiare con loro lo avrei fatto senza pensarci due volte credo.
E’ assolutamente fenomenale quello questi artisti fanno: con una commistione di luci, musica, arti circensi, danza, teatro e una serie di ingredienti segreti di cui posso solo immaginare la natura, loro danno vita a quella fantasia e a quell’immaginazione che potrebbe portare all’Isola che non C’è, quella visiva e creativa che fa vedere una nave pirata in una poltrona e un coccodrillo in una tovaglia piegata male…
Mondi onirici popolati da creature delicate e coloratissime, suggestioni di un tempo antico e di uno nuovo, colori intrecciati tra loro che fanno da sfondo a corpi senza peso…non è circo come si è abituati a conoscerlo, è una performance panica e visionaria che abbraccia tutti i sensi, rapisce lo spettattore fino a fargli dimenticare di essere seduto in una platea, convincendolo di essere volato verso un mondo fantastico dove le regole di questo contano poco o niente…
Una sorta di film fantasy con atmosfere che mi ricordano quelle del Tim Burton di Alice in Wonderland…solo che non ci sono effetti speciali.
E’ questa la seconda cosa che mi lascia attonita.
Guardando lo spettacolo mi sono lasciata cullare da cotanta meraviglia, ho sospeso il giudizio di realtà e tutto quello che si farebbe di fronte ad una bella performance visiva che, per quanto bella, rimane soltanto apparenza. Poi,pur rimanendo calata nel mondo fantastico che il Cirque du Soleil mi stava mettendo davanti, non sono riuscita a non chiedermi come questi “Actor-Bats” (come loro si definiscono, mettendo assieme le parole “Acrobat” e “Actor”) possano fare con il loro corpo cose simili…
Sono riusciti a convincermi di non sottostare alla legge di gravità, di non avere articolazioni e ossa dove gli esseri umani le hanno, pur vivendo e operando in un mondo in cui la forza di gravità imperversa e le articolazioni, mi risulta, siano grossomodo uguali per tutti.
Mi chiedo come si possa ottenere tanto da un corpo umano, e non ne metto in discussione la possibilità solo perché l’esistenza di persone come questi soggetti le cui lodi sto tessendo me la conferma.
Che meraviglia deve essere poter esprimere ciò che si desidera con il proprio fisico, poterlo piegare e contorcere a piacimento, sollevare, girare, contrarre e controllare in modo così totale. La pletora di possibilità che ne derivano deve essere veramente enorme…
Chissà se hanno paura prima di entrare in scena e temono che una delle mille complicatissime evoluzioni che dovranno fare non venga…Magari è tutto proporzionale: se io posso arrivare ad avere la sicurezza che una ribaltata mi venga e farla durante un qualsiasi show senza temere una figuraccia, sarebbe logico aspettarsi che per un acrobata di quella portata diventi abituale anche un triplo salto mortale carpiato con avvitamento e atterraggio in quinta colonna…
Se è vero questo, e gli Actor-Bats non temono di cadere e sbagliare più di quanto ogni ballerino debba temere di cadere durante una variazione che conosce perfettamente e che fa da tempo immemore (la sfiga ci vede benissimo, si sa, e l’errore è sempre in agguato…), allora essere uno di loro deve essere davvero un’esperienza pazzesca, unica…dev’essere un po’ come vivere per qualche ora nel mondo che si porta in scena. Se il piccolo palco del teatro mi emoziona e mi carica fino a farmi davvero dimenticare di essere solo Marta nel suo mondo normale…chissà loro cosa provano! Dev’essere fenomenale, una cosa veramente pazzesca.
Ma sarà davvero possibile non avere paura quando la posta in gioco è così alta e la difficoltà tale?Penso all’incidente del 29 Giugno: durante un’esibizione del Cirque du Soleil a Los Angeles (lo spettacolo era “Ka”, quello con il palco fluttuante) una delle acrobate durante un numero aereo ha perso contatto con il cavo di sicurezza ed è caduta per ben 15 metri. Il tutto in diretta. Il pubblico, ho letto, ha creduto la cosa parte dello spettacolo in un primo momento. La ragazza però non si è più rialzata per prendere gli applausi e non li prenderà mai più.
Ci sono rimasta male, pur non avendo idea di chi la fanciulla precipitata fosse…aveva 31 anni, due figli, e un viso da ragazzina…chissà se lei aveva paura prima di entrare in scena, anche se in palestra gli esercizi le venivano, oppure si lasciava permeare dal senso di sogno dello spettacolo?
Sogno o meno, la forza di gravità è sempre lì, anche sul loro palco, dal quale sembra essere stata bandita, anche durante gli spettacoli…loro lo sanno di sicuro, non penso che possa passare un secondo senza che se ne rendano conto.
Però immagino che faccia parte dei giochi. Sono persone che rischiano, è ovvio. Avranno pure il cavo di sicurezza nei numeri dichiaratamente aerei(nel caso della ragazza morta, è stata una doppia sfortuna: cadere durante il numero e perdere il cavo…non era mai capitato prima) ma quotidianamente fanno una serie di movimenti ed esercizi per cui sarebbe lecito aspettarsi un numero a due cifre di fratture e lesioni interne…Eppure lo fanno lo stesso. Perché? Mio padre risponderebbe che sono cose insensate, e che chi le fa pur sapendo che rischi corre dimostra di non avere tanto sale in zucca. Io credo che siano questi i superuomini e le superdonne (non lo diceva anche Zarathustra del suo funambolo morto?), non perché rischiano di bruciare la propria vita in un secondo di disattenzione, ma perché vivono nel loro sogno, vanno oltre i limiti che crediamo che ci siano stati imposti, e osano usufruire di quel grandissimo potere che è creare e muovere emozioni.

Sangue, Amore e Retorica

Sangue, Amore e Retorica! In scena stasera, dopo poco più di tre mesi di propedeutica teatrale e preparazione spettacolo.
Sono alcuni giorni che facciamo le prove in teatro: un teatro piccolissimo, con il palco in discesa, un retro quinte quasi inesistente da tanto che è piccolo…un teatro nel quale è rimasta quell’atmosfera casalinga, complice a cui mi ero affezionata durante le prove in sede.
In una delle prime lezioni, durante la prima parte di “riscaldamento teatrale”, è stato detto che in quella sala non bisogna avere paura, è un luogo sicuro e protetto in cui ci si può sentire liberi di fare tutto quello che si vuole, lasciarsi andare completamente, fare cose che nel “mondo là fuori” non sarebbero nemmeno lontanamente ammissibili, ci si può sentire chi e cosa si desidera…le regole sono pochissime: crederci fermamente, e non danneggiare nè sè stessi nè altri nè l’arredamento (a meno che non faccia parte della consegna, e mi dicono che sia già capitato…)
Non cosa banale per un persona cervellotica come me, che giudica sè stessa ad ogni piè sospinto, che si incastra da sola nelle proprie elucubrazioni, che non è mai soddisfatta, che ha i complessi di persecuzione e non sa rapportarsi con chi non si comporta nell’unico modo con cui riesce a sgelarsi…
Eppure, sto imparando. Ci sono voluti mesi, e l’opera non è ancora compiuta, ma sto imparando davvero, a crederci, a sospendere il giudizio, a divertirmi senza sentirmi imbarazzata e imbarazzante.
Per me sta diventando una necessità il momento delle prove, della lezione, della scena. E farlo su un palco ha il suo maledetto appeal.
Dicevo, lo spettacolo conclusivo del corso andrà in scena stasera, dopo 3 mesi o poco più di prove e lezioni. Un corso al quale mai più avrei pensato di essere presa, che mi ha incasinato la tabella oraria della settimana, che mi sta causando un’astinenza da danza che la metà basterebbe…un corso che ora che giunge al termine non so come farò senza, e tanti saluti alla grammatica.
Però sono esaltatissima all’idea di farlo, finalmente, questo spettacolo. Il palco, ripeto, è molto attraente, e io sono sempre stata eccezionalmente sensibile alle sue lusinghe.
Non è l’idea di un po’ di occhi a guardarmi però…quello, sempre che ci sia, viene molto dopo.
E’ l’ambiente e quello che comporta…come direbbe la nostra maestra di questi mesi, “é l’energia” del luogo. Io non saprei nemmeno come definirlo, però, per me, animo esaltevole e con netta tendenza al partire per la tangente, c’é davvero un qualcosa di magico là sopra.
Mi ricordo le emozioni dei saggi di danza. Il giorno delle filate, 8 ore di prova e nessuna pietà, pranzo leggero e senza nemmeno togliersi il costume di scena, male ai piedi ben prima del momento dello spettacolo, meglio non bere per non dover fare tappa al bagno, è sempre stato il migliore. Sarà l’odore delle luci sul linoleum, sarà l’elettricità nell’aria, un misto di agitazione ed eccitazione nella speranza di fare tutto bene, sempre accompagnata dal terrore di volare giù dal palco a metà variazione o sbagliare posizione, dimenticare un pezzo di coreografia/battuta o semplicemente non comunicare assolutamente nulla, i “merda” prima urlati in camerino, tra una forcina che, maledetta lei, non tiene, e una scarpa dispersa, sussurrati poi dietro la quinta, appena prima di entrare. Non lo so, è tutto questo e molto più…
Per il teatro, per me le cose un po’ si sovrappongono, ricordo come mi sentivo, e riconosco quelle sensazioni: spero di non dimenticarmi le battute, temo di “non esserci” come gergo attoriale vuole per dire che nel proprio personaggio non ci si sta credendo…temo che il vestito nella scena di Macbeth, troppo lungo e provato ieri per la prima volta mi dia dei problemi, mi chiedo se i miei compagni di scena mi aiuteranno, quelli che hanno più esperienza di me, mettendoci del loro senza fare gli splendidi ai quali non importa nulla di niente, spero di ricordarmi io per prima tutti i movimenti corali, spero che vada tutto liscio e che la cosa venga bene, senza intoppi.
Penso che stasera, prima di entrare in scena, avrò ben più paura di quanta ne ho quando mi spetta un’ora di concerto, con solo me stessa sul palco. L’idea di sbagliare e mandare a farsi friggere il lavoro di altri mi terrorizza, letteralmente. Eppure, al contempo, non vedo l’ora, e ritrovo quella sensazione che mi ha accompagnata per anni e anni della mia vita, e di cui, mi rendo conto ora, non ho mai imparato a fare a meno, e spero di non essere mai obbliagata ad imparare.
Quindi, delle mille confuse parole che ancora potrei scrivere sull’argomento, ne dico due: grazie infinitamente grazie a chi mi ha permesso tutto questo, e tanta merda alla compagnia di Sangue, Amore e Retorica!

Il Walzer

Il walzer
(Locanda di villaggio. Una festa nuziale, musica e balli)

MEFISTOFELE
(vestito da cacciatore; assieme a Faust guarda da una finestra)

Che baldoria qui dentro;
Ci siamo anche noi, oilà!
(entra assieme a Faust)
Una di queste ragazze piene di voglia
Sarà ben meglio di un vecchio libro.

FAUST

Non so cosa mi sta succendendo,
Sono tutto eccitato.
Non mi sono mai sentito il sangue così in subbuglio,
Ho addosso una strana sensazione.

MEFISTOFELE

Hai due occhi così accesi che si capisce subito:
Sono tutte le tue voglie, ormai senza freni,
Che tu cercavi di soffocare nella tua stupida presunzione;
Adesso saltano fuori da tutte le parti.
Prenditi una ragazza e balla,
Buttati nella mischia senza paura!

FAUST

Quella là con gli occhi neri,
Mi sta succhiando l’anima.
Che forza magnetica ha in quello sguardo!
Sembra che ti voglia trascinare dentro un mare di piacere senza fine.
Come sono accese le sue guance rosse;
Sprizzano gioia, vita, freschezza!
Dev’essere un piacere dolce come il paradiso
premere la bocca su quelle labbra,
Così gonfie di desiderio,
E perdere la coscienza su quei due cuscini morbidi come il velluto!
Come palpitano i suoi seni e come fremono
Di desiderio e di felicità!
Come mi piacerebbe arrampicarmi su quel corpo così ben fatto
E stringerlo fino a dimenticare me stesso.
Come sono lunghi e ribelli i suoi riccioli neri
Che cercano di sciogliersi dai lacci
E le ricadono attorno al collo; sembrano
Campane a stormo che annunciano il piacere!
Io divento pazzo, muoio dal desiderio
Se continuo a guardare quella donna;
Eppure non riesco a decidermi
Ad avvicinarmi e a rivolgerle la parola.

MEFISTOFELE

Sono proprio una razza curiosa
I discendenti di quella prima coppia di peccatori!
Lui che ha osato mettersi con il diavolo,
Esita ora davanti a una femminuccia
Che ha certo un corpo molto grazioso
Ma anche una voglia dieci volte più grande,
Ai suonatori
Brava gente, i vostri archetti
Sono un poì troppo addormentati!
Il vostro walzer potrà andar bene
Per qualche vecchio paralitico,
Ma non per la gioventù piena di sangue e di vita.
Datemi qui un violino;
Sentirete subito un’altra musica;
Vedrete che salti in questa locanda!

Il suonatore tende il suo violino al cacciatore
Che si mette a suonarlo con vigorosi colpi d’arco.
Subito si leva un concerto di note giocose,
Simili a gemiti di piacere che si perdono nei beati;
Sono parole dolci sussurrate in un luogo discreto e sicuro,
SOno risa di amanti nelle notti afose d’estate.
E di nuovo i suoni s’innalzano e scendono e risalgono ancora,
Simili a onde lascive che accarezzano
Il corpo nudo e fresco di una giovane bagnante.
Ed ecco, tra il mormorio dell’acqua, risuona stridulo un grido:
E’ la ragazza che si è spaventata e gida aiuto;
Dal canneto alza fuori un giovane, acceso di desiderio.
I suoni si scontrano, si stringono con violenza
E lottano intrecciati in un groviglio confuso.
Dopo una lunga lotta la giovane bagnate
E’ costretta a subire l’abbraccio dell’uomo.
Ed ecco che laggiù uno spasimante implora; la donna ha pietà,
Si sente come si sta riscaldando sotto i suoi baci.
Ora le corde risuonano allegre in triplici accordi,
Come quando due giovani si disputano una ragazza;
L’uno, vinto, si ritira in silenzio,
Mentre i due amanti si abbracciano felici;
Nei suoni a doppia corda le loro voci si fondono,
Si inerpicano come folli sulla scala del piacere.
In un crescendo di calore, di impeto e di furia,
Le melodie seducenti del violino risuonano
Come grida virili di estasi, gemiti di fanciulle
E tutti inghiotte un’orgia sfrenata.
Come sono buffi i violinisti del villaggio!
Buttano a terra il loro strumento.
Tutto quanto ha vita nella locanda
Si lancia in quel turbine stregato.
Pallide d’invia le mura fanno eco,
E si rammaricano di non poter partecipare alle danze.
Ma più sfrenato di tutti è Faust
Che danza felice con la sua bella bruna.
Le stringe le mani, le balbetta giuramenti d’amore
E la conduce danzando fuori dalla porta aperta.
Volteggiano nell’atrio e sui sentieri del giardino,
Seguiti ovunque dalle note del violino;
Danzano estatici sino a raggiungere il bosco, mentre
Gli echi della musica si allontanano sempre di più.
Quei suoni che si dileguano fanno fremere gli alberi
Come sogni d’amore, lascivi e carezzevoli.
Ed ecco che dai cespugli fragranti si alza,
Con i suoi gorgheggi flautati, il canto dell’usignolo,
Che accresce ancora di più la passione degli amanti,
Come se quell’uccello melodioso dosse mandato dal diavolo.
Essi cedono alla forza soverchiante del desiderio
E il mare immenso del piacere li inghiotte tra i suoi flutti.

Questo è il Mephisto-Walzer, scritto da Liszt.
E’ follia, abbandono…è divertimento, è accarezzare i tasti del pianoforte, godere della melodia che ne esce…è giocare con i suoni, ora morbidi ora aspri…è creare quell’immagine, far ballare il diavolo, con il suo violino…far impazzire la giovane tra le braccia di un Faust bestiale, schiavo di passioni a lungo represse…Colorare con le note la notte del bosco che sarà talamo della passione dei due stregati ballerini del cacciatore.
Un cacciatore romantico, scherzoso, ridanciano…ch benedice i presenti con il dono della follia e dell’incoscienza, per quei magici dieci minuti di armonia sfrenata.

Ieri sono salita sul palco e ho suonato. Dopo mesi che non suonavo e non studiavo.
Avevo paura. Non vai a suonare un pezzo del genere se non hai la certezza di farlo bene. E’ come minacciare di sparare in faccia a qualcuno, tronfi e a cazzo duro, e poi tirargli in faccia una margherita…
Quando mi sono seduta al pianoforte, mi sono stupita. Tutta la paura…scomparsa.
Ho cominciato a suonare, e mi sono persa. Persa davvero. Era come se non esistesse più nulla: il pubblico, gli insegnati ad ascoltarmi, pronti a giudicarmi, la consapevolezza di non essere tecnicamente ineccepibile e di avere la coscienza sporca. Non c’era più niente: solo il pianoforte, il mio mezzo per creare un’emozione, e io, a mia volta mezzo del diavolo cacciatore di Lenau per suonare la sua melodia.
Ho tratto piacere da ogni singola nota, ho accarezzato ogni suono prima di buttarlo nell’aria…Come se stessi dando vita ad una creatura che mi guidava nella creazione di sè stessa. Mi sono divertita immensamente.
Ero il diavolo cacciatore, e al tempo stesso Faust, la fanciulla, gli amanti…il violino, il bosaco e l’usignolo.
Non mi capacito di come sia possibile sentirsi così. Veramente, su quel palco mi sono sentita completa, contenta, in estasi quasi. Non sto esagerando. Non mi capacito di come sia possibile, ma non importa in fondo: l’alchimia esiste anche se non so da dove derivi.
Creare emozioni, immagini, suggestioni…non è questo un potere davveno fenomenale? Essere chiunque vogliamo essere, senza necessità di modificare la nostra personalità. L’arte…sarà un commento bohemienne, ma l’arte è davvero magia. lLa musica, la danza, il teatro (e cito solo ciò che conosco…chissà quante sono là fuori!)…mezzi per innescare questo processo meraviglioso…il concetto è lo stesso, e sono legati, indissolubilmente.
Su quel palco ieri ho capito, definitivamente, concretamente, indiscutibilmente una cosa: io la mia vita la voglio dedicare a questo. Non credo di poterne fare a meno.