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alone

Generalmente non sono il tipo di persona che si mette a pontificare sui massimi sistemi, fermo restando che sono assolutamente convinta della totale opinabilità del mio pensiero.

Restando anche fermamente convinta della possibilità di essere io la disadattata stramboide, quasi sempre mi risulta difficile decidere se quello che a mio parere non funziona non funzioni perché in effetti difettoso o ci sia alla base un problema di percezione e reazione da parte mia, il che potrebbe sempre essere.

Spesso finisco per decidere che il problema sia mio e non della situazione o degli altri attori di questa perché insomma, ci vorrebbe veramente una grande arroganza di essere nel mucchio l’unica “giusta” mentre alla maggioranza “sbagliata” le cose stanno bene così.

Questa volta, però, penso di avere qualcosa da dire, e anche se mi trovo nella minoranza non ritengo di essere in errore.

Che qualcosa nel mondo vada spaventosamente storto non è una scoperta. Non mi riferisco alle guerre, alle malattie, alla politica, al povero controllore aggredito con un machete questa notte (ed è un’assurdità abominevole), ma alla vita di tutti i giorni, intesa ovvi rapporti persona-persona.

Secondo me fanno cagare, non tutti ma quasi.

Fanno cagare perché quello che potrebbe fare funzionare il tutto viene regolarmente frainteso o capito e sfruttato, e questo ci costringe ad essere guardinghi, sospettosi, egoisti per autoconservazione…oppure ad accettare con buona pace di prenderlo in culo più e più volte, salvando il nostro senso etico e facendoci venire le emorroidi, senza che ci sia usata la cortesia di chiederci se a noi questo tipo di pratica piaccia oppure no, e ci faccia solo un gran male.

L’affetto, che potrebbe essere un meraviglioso motore, viene spesso scambiato per bisogno, così chi lo potrebbe riceverlo si trova a scocciarsi, perché avere qualcuno che dipende da noi è faticoso e non se ne ha voglia nel novanta per cento dei casi.

La cortesia ed il riguardo, se non vengono intese come opprimenti o se non vengono sfruttate nella più totale inosservanza dei bisogni e desideri dell’altro, vengono interpretate come un “ci prova/ci sta”. Però, maremma maiala, è possibile che io non possa essere gentile con un uomo, un maschio, perché mi è in effetti simpatico, lo stimo, nutro dell’affetto (quella cosa misteriosa di cui dicevo prima) senza che questo debba necessariamente implicare che ci voglio andare a letto? Perché poi come per magia nel momento in cui in effetti si palesa il fatto che i giri di lenzuola non sono in programma divento una stronza che lo ha illuso (o una povera pirla che è perdutamente innamorata)…ed è veramente brutto che per essere gentili si debba essere scortesi per non essere fraintesi…io non credo riuscirò mai ad accettare questa cosa.

A contrapporsi a tutto questo c’è poi una tendenza a fregarsene di tutto e tutti con una totale mancanza di riguardo ed educazione nei confronti anche di chi ci è vicino…è comprensibile, perché se viviamo in una dittatura individualista ci si trova davanti alla scelta tra sopravvivere pensando a sé stessi sopra a tutti o lasciarsi sbranare dal mondo pensando che qualcuno avrà cura di noi. Qualcuno che troppo spesso non c’è, magari perché sta combattendo la stessa battaglia poco più in là, e in quel momento è intento a fare la stessa scelta.

Mi piacerebbe che nella vita non dovesse esistere (ammesso che almeno quello esista) solo l’amore da cuore rosso, quello di coppia, che viene naturalmente messo davanti  tutto, e può funzionare a meraviglia per schermare dal cattivo mondo circostante.

Sarò magari io un’illusa, che mi sento sola, e non credo che l’esserlo sia la condizione naturale degli esseri umani, e non credo nemmeno che siano tutti stronzi (almeno, non di natura….). Non avrò ancora smesso di credere ai film Disney, che comunque se sono in voga da più di sessant’anni un motivo ci sarà, e magari sotto le mentite spoglie di una favoletta per babini dicono delle cose che sono sensate…però credo che il mondo vada di merda perché ci fingiamo più cinici e disillusi di quel che siamo, mettendo a tacere per paura o fretta, o semplicemente per abitudine, quel che di più bello avremmo da dare e ricevere.

disagio

Ho un amico che dice spesso che vuole fare “qualcosadidivertente”, proprio così tutto attaccato, e che vorrebbe che gli capitasse “qualcosadibelloediinspettato”, tutto attaccato anche questo.

Nemmeno lui cosa siano queste cose divertenti e belle che vuole, però le vuole con impazienza e ardore.

Inutile dire che io, quando gli chiedo cosa vuole fare e mi sento rispondere così, mi metto le mani nei capelli, perché avrei anche le migliori intenzioni di farlo contento, ma Cristo santo, come si fa a indovinare l’attività giusta al momento giusto?

E lì parte la mia filippica: ma come fai a dire che vuoi fare “qualcosadidivertente” e basta, se poi non lo sai nemmeno tu cosa ti diverte in quel momento? Prendi una posizione e si farà il possibile per accontentarti. (Sottointeso: e non sai che fortuna hai ad essere circondato da persone che fanno i salti mortali per farti star contento anche quando nemmeno tu sai cosa vuoi).

Comunque, al di là del mio amico e dei miei tentativi di accontentarlo, con relativi ansieggiamenti che mi portano a odiare le “cosedivertenti” non altrimenti specificate tanto quanto gli eventi “bellieinsapettati” che non si possono manipolare, sta di fatto che sarebbe proprio quello che vorrei io in questo momento.

Possibilmente in ordine inverso, perché prima deve capitarmi “qualcosadibello”, poi si farà “qualcosadidivertente”.

E no, nemmeno io so cosa sarebbe la “cosadivertente” che mi diverte davvero, dato che in questo periodo le cose hanno la magica proprietà di smettere di piacermi nel momento preciso in cui comincio a farle, né cosa di preciso vorrei che mi capitasse. Però, diamine, se non fosse che non porterebbe a nulla se non ad una completa perdita di dignità, batterei i piedini e farei un po’ di capricci, perché sono stufa di questo meraviglioso, poetico e patetico disagio.

Certo, sfido chiunque ad essere di buon umore quando fuori ci sono 35 gradi e ci si ritrova sudati marci, bisognosi della seconda doccia della giornata, ma con l’influenza. Influenza vera, mica balle, con tanto di naso chiuso, probabilmente qualche linea di febbre che non voglio nemmeno provare, tosse e catarro che giocondo girovaga per le alte e medie vie respiratorie. Come abbia potuto venirmi l’accidente in questo periodo dell’anno resta un mistero, comunque ce l’ho e me lo tengo, e con il senso di quieta accettazione che mi contraddistingue ad ogni colpo di tosse equivale una rotazione testicolare (metafisica, naturalmente) sull’asse delle ascisse.

A parte l’influenza fastidiante fuori stagione, sfido anche chiunque ad essere di buon umore quando ci si ritrova per cause contingenti soli come un fottuto gambo di sedano. Buono per il bagnetto e per l’insalata greca, ma misera condizione per un essere umano.

Anche il fatto che si avvicini l’estate e che io quest’anno non possa aspettare trepidante il primo Agosto per andare all’Elba, cosa che da sette anni a questa parte dava un senso alle mie afose estati piemontesi, non contribuisce in nessun modo al mio morale. In realtà, forse va bene che io non abbia il capitale umano per andare in vacanza, perché anche se avessi quello non avrei quello monetario, visto che sono mesi che spendo un sacco di soldi e ne guadagno un’inezia.

Il fatto che io sia completamente senza soldi mi porta a riflettere sul fatto che dovrò trovare un lavoro, almeno per l’estate, con l’ovvia necessità di accettare compromessi che a me, bimba viziata, fanno venire un po’ di nausea già ora. Certo, fare l’animatrice non è nemmeno lontanamente paragonabile ad un lavoro da manovale in un mattatoio a New Orleans (ho appena letto un racconto di un tizio che va a fare il manovale in un mattatoio a New Orleans appunto, ed è stato disgustoso anche solo leggerlo)…però le vacanze al mare mi apparivano più invitanti. Per carità, ancor grazie che uno straccio di lavoretto l’ho trovato, non dovrei nemmeno lamentarmi….però davvero, sarò viziatella io, ma questa prospettiva non mi sorride particolarmente.

E poi dopo l’estate comincerà un nuovo anno scolastico, e bisognerà decidere cosa fare della propria vita…senza dilungarmi in grandi spiegazioni, la conclusione è che questo aggiunge una non indifferente cucchiaiata di disagio stagionato al mix fino ad ora ottenuto.

Mix nel quale galleggio allegramente da qualche mese, e non ne posso più, ci andrebbe proprio un colpo di scena che mi rimetta in carreggiata. Solo che, anche se avessi le energie mentali di prendere in mano la situazione, e non credo di averle, dove diavolo stanno le redini?

Insomma, domani vado a ritirare le mie analisi del sangue, e spero di leggere che il mio set “ormoni+tiroide” (cioè quello che è stato analizzato) è tutto sballato: almeno, essi influendo sull’umore, potrei sentirmi clinicamente giustificata ad essere così sversa senza cause gravi che mi giustifichino ad esserlo, nell’attesa che mi capiti “qualcosadibelloeinaspettato” che riaggiusti le mie sorti.

Thoughts of a Dying Atheist

Sarebbe bello avere fede.

Sarebbe bello avere qualcuno a cui chiedere perdono senza dover parlare con il diretto interessato, mettendo a tacere i sensi di colpa grazie alla comprensione impersonale e all’assoluzione di Dio.

Sarebbe bello avere qualcuno a cui chiedere la forza necessaria per superare una sfida che sembra superiore alle nostre possibilità, e nel momento in cui veramente l’obbiettivo sembra farsi sempre più distante sia lì a tendere una mano a mo’ di appiglio quella frazione di secondo prima del crollo.

Sarebbe bello avere una piccola luce a cui votarsi quando gli eventi precipitano in un insensato vortice sul quale non abbiamo alcun controllo, e poter dire “Ti prego” senza pensare di implorare il vuoto.

Sarebbe bello pensare che il bene e il male siano in certo qual modo bilanciati, e che se si sta vivendo in maniera retta non si debba meritare il martirio.

Sarebbe bello avere qualcuno a cui chiedere “Perché?” quando qualcosa proprio sfugge alla nostra comprensione, confidando nel fatto che ci sia un fine ultimo per tutto ciò che accade, anche sembra che nulla abbia un senso.

Sarebbe bello aver qualcuno contro cui gridare la propria disperazione quando tutti i “Ti prego” sono stati detti invano e il Destino infligge colpi di pugnale a chi il martirio pensava di non aver fatto nulla per meritarlo.

Sarebbe bello pensare di non essere gli unici artefici del proprio destino e gli unici responsabili dolosi della propria rovina.

Sarebbe bello poter trovare conforto nella preghiera confidando nell’ascolto di qualcuno, e sarebbe bello poter maledire un Dio ingiusto che ci ha rubato l’opportunità di essere felici senza sapere di star maledicendo il vento.

Sarebbe bello, almeno nella quiete della notte, poter parlare a qualcuno che conosce i nostri segreti senza che ci sia stato bisogno di raccontare quelle cose che è bene non far riaffiorare.

Sarebbe bello non sentirsi come gusci di noce in mezzo ad una tempesta, controvento in un oceano, senza sapere come maneggiare il timone e senza una rotta da seguire.

Sarebbe bello. Ma non è per tutti.

pietà

#1

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Pioviggina. E’ una serata di novembre inoltrato, o forse è già Dicembre o Gennaio, non ricordo.

Ho teatro alle nove, ma non voglio tornare a casa a cena, un po’ perché non ho voglia di fare un viaggio di mezz’ora tra andare e tornare per un totale di un’ora e qualcosa da passare, un po’ perché non voglio mangiare, e l’unico modo per non mangiare è non tornare a casa.

Ho speso circa 40 minuti snobbando il mio ragazzo in camera sua dedicando le mie energie alla ricerca di qualcuno con cui passare quell’ora e mezza. So ben io chi avrei voluto, ma in mancanza della prima scelta diventava quasi un obbligo morale per me trovare qualcun altro, per potermi illudere che uno valesse l’altro.

Fatto sta che all’alba delle otto la situazione è rimasta stagnante: nessuno che abbia risposto ai miei messaggi.

E quindi la decisione è obbligata: birra solitaria.

Cammino verso l’Irish Pub in centro, cappuccio della felpa alzato, iPod nelle orecchie.

Mi sento un personaggio delle mie storie underground.

Mani affondate nelle tasche della tuta, sguardo cupo di chi si sente solo come un cane, già mi vedo stravaccata contro alla parete di legno del pub con la mia grassa mezza pinta di rossa davanti, sola, depressa, ma determinata a non elemosinare più la compagnia di nessuno, con un allure bohemienne che manco Boudeleire nei suoi momenti migliori.

Con Bruce Springsteen che canta “Thunder road” in sottofondo, e ricordi di un’amicizia che è bruciata come una stella cadente mi avvio verso la mia birra.

Una macchina frena di colpo per non centrarmi, dato che ho attraversato senza guardare. Un po’ il rumore dell’inchiodata, un po’ lo spostamento d’aria mi fanno perdere l’equilibrio.

Rischio di cadere, barcollo. Il conducente mette fuori la testa dal finestrino e mi dice qualcosa che io non capisco, non avendo fatto nemmeno la grazia di levare le cuffie dalle orecchie. Supponendo che mi abbia chiesto se è tutto ok gli faccio un cenno e, leggermente imbarazzata dalla performance, continuo il mio cammino senza girarmi.

Camminando fantastico: cosa sarebbe successo se il tizio non avesse frenato in tempo? Chi si sarebbe preoccupato per me? A qualcuno sarebbe dispiaciuto? Soprattutto, sarebbe dispiaciuto alle persone giuste? Chissà mia mamma e mio papà come ci sarebbero rimasti male. Tutto sommato, è andata bene così. Preferisco che il tizio abbia frenato in tempo.

Nel frattempo arrivo davanti al pub che, mannaggia a lui, è chiuso.

Inverto la rotta, sentendomi ancora più underground. La pioggia si intensifica leggermente, naturalmente quando mi trovo nel punto più lontano dal posto dove facciamo teatro, figurarsi.

Cambio colonna sonora: non ricordo esattamente chi ho ascoltato, ma penso fossero i Gothminister.

Penso che ora dovrei essere veramente di cattivo umore: non solo chi volevo non si è degnato di accompagnarmi, non solo nessun altro si è degnato di accompagnarmi, ma ho pure trovato chiuso il locale dove avevo deciso di andare a fare la depressa bohemienne.

Invece, assurdamente, l’idea di essere in questo momento simile ai miei personaggi mi piace, e non sono affatto di cattivo umore.

Meravigliose assurdità di della psiche umana.

#442015

Mi guardo in giro e vedo frammenti di umanità disperata.

Esseri logorati, piegati, spezzati che si trascinano come automi in un mondo soleggiato solo in apparenza.

Gente che ride sguaiatamente, sorride fino a rischiare di strapparsi le guance, chiacchiera ad alta voce per coprire il vuoto che riempie di assordante silenzio le sua vita.

Vedo occhi che fissano la strada e il cielo guardando tutto e non vedendo nulla.

Vedo vite pigre che serpeggiano nel tempo senza riempirlo.

Vedo solitudini perdute che corrono in cerca di un appiglio, qualcosa per cui vivere, qualcosa che dia un senso, riempiendo quel dannato eco muto che senza avere mani pugnala il petto e il cervello.

Sento pensieri contorti così lucidi da far pensare ad una sceneggiatura ben riuscita di un film cybepunk degli anni Sessanta. Involuzioni metafisiche che non si lasciano spiegare e che immobilizzano anche la persona più dinamica.

Vedo persone correre per fuggire dal rumore delle proprie riflessioni, metal sparato a volume poco salutare dritto nei timpani che dovrebbe simulare una trance tale da non far avvertire la fatica.

Vedo dolori sistematicamente ignorati, sottofondo sordo di una crociata verso una Terra Santa che forse nemmeno esiste.

Guardo uno specchio appannato e vedo il mio viso che mi fissa in risposta.mirror1